AZZURRA FIAMMA // UN TEMPO INTERMINABILE” DI KATIA CARUSO

AZZURRA FIAMMA // UN TEMPO INTERMINABILE” DI KATIA CARUSO

AZZURRA FIAMMA

Si nasconde l’orizzonte –
Grigia la pioggia
cade sull’anima stanca.

Svaniscono i ricordi
la notte spinge
in un vortice senza fine.

Negli azzurri cristalli
cade un fiore
che perde i suoi petali.

Accelera l’angoscia
che della felicità
fa una piccola macchia.

Impazzano le lacrime
precipitando
nel mare della solitudine.

Si nasconde l’orizzonte –
Ma è sempre lì
l’amnio fuoco del cuore.

28.06.2021 Katia Caruso

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AZZURRA FIAMMA // UN TEMPO INTERMINABILE” DI KATIA CARUSO

Per l’analisi di “Azzurra Fiamma”, ci sembra necessario definire subito la situazione descritta da Katia Caruso, in modo da comprendere interamente la tensione morale e il prisma attraverso il quale la sua coscienza si pone ad osservare lo straniante “orizzonte” che provoca inquietudine e sconforto.

L’io poetico sembra procedere su una solitaria strada, dove “Grigia la pioggia cade sull’anima stanca”. È in questo avanzare il passo, in questo viaggio della meditazione e dei ripensamenti, delle ansie personali e delle relazioni umane, che Katia Caruso volge la sua riflessione al più grande contesto della realtà tutta.

La poetessa sembra affranta dalle condizioni di un tempo storico, che ad un certo punto le si scopre mostruosamente tiranno, tanto che “Svaniscono i ricordi”, le memorie più care. E la vediamo mentre va per la via, forse con il capo chino, ripensando a quante realtà sono a lei sconosciute e quant’altre le sono sfuggite, complice “la notte”, la disarmonia di una vita che “spinge in un vortice senza fine”.

Assorta in tali pensieri filosofici e mistici, Katia Caruso si volta di sorpresa, perché sente qualcosa di anomalo che scuote un’esistenza che normalmente scorre nella sua piatta monotonia, nell’apparente e superflua normalità degli “azzurri cristalli”, che sono le fittizie forme della vita. E, voltandosi per la sorpresa, vede precipitare “un fiore che perde i suoi petali”.

È evidente come quel “fiore” rappresenti la disarticolazione e la frantumazione dell’universo soggettivo. Ma chi o cosa determina questo stato di sconcerto, quale evento “Accelera l’angoscia” che avvilisce e deprime?

Strane ombre sembrano inseguire l’essere disaiutato e solitario, l’io solo e disaiutato in un tempo distorto “che della felicità fa una piccola macchia”.

Quale fonte di luce può proiettare queste ombre che lo inseguono? Non certamente le luci del sole possono provocare tale orribile oscurità. I raggi del sole per natura sono netti e chiari, sono fonte di nitidezza e genuinità esponenziale, se fossero ombre di un sole vero sarebbero ombre conosciute e visibili, in quanto riconoscibili.

Occorre dunque ipotizzare che queste luci siano luci artificiose e mistificanti, proiettate da una realtà artefatta, da un mondo umano che avviluppa l’essere e l’umanità intera in un meccanismo distorto e deprimente, un gioco di false chimere che illudono e alla fine schiantano le ragioni stesse del vivere.

Sembra quasi che Katia Caruso metta sotto lo spettro luminoso della coscienza tutte le costruzioni morali e culturali, nascoste e celate e, comunque, occultate per vietare il libero pensiero e la scelta volitiva del soggetto.

Ecco queste subdole catene o limiti ‘strisciano’, e non potrebbe essere altrimenti, cercano modi ed occasioni per cercare ancora e sempre di annullare l’anima e il pensiero, il cuore e la mente di chi aspira alla partecipazione pacifica e sostanziale con la vita.

Non a caso Katia Caruso subito declama nei versi successivi “Impazzano le lacrime precipitando nel mare della solitudine”, il che equivale a dire che il mondo sociale, di una società ipocrita e pretenziosa, induce al pianto “della solitudine”. Si tratta di un mondo che imprigiona, volendo annichilire ed offuscare i sogni e le speranze dell’umanità intera.

Sotto la lente di ingrandimento è una società prevaricatrice che sembra già aver fagocitato, con mostruosa violenza, ogni possibile alternativa di riabilitazione e rinascita, per cui in ogni dove, ovunque si guardi, le persone camminano abbandonate nel mare “della solitudine”.

La falsità, l’arroganza mascherata di buon senso e di perbenismo assalgono da ogni parte, costringono l’individuo a percorrere strade e sentieri che non gli appartengono, a dirigersi verso un punto di non ritorno che rappresenta e dice tutta la grettezza e la mostruosità di un mondo che fagocita nella sua spirale dell’inconsistenza.

Ma d’improvviso, qualcosa interviene a rendere ancora più vero ed agghiacciante la realtà osservata. Katia Caruso si ritrova ad un tratto di strada come attratta da uno scomparso “orizzonte”, da un grido soffocato, quasi impercettibile, e, nondimeno infinito come eterno e smisurato è l’insopprimibile sussulto che sorge nell’ “amnio fuoco del cuore”.

Articolo critico a cura della professoressa Cinzia de Rosis

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